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Grigol Robakidze: la vita, il pensiero e il romanzo Le trecce di Medea |
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საბიბლიოთეკო ჩანაწერი: |
ავტორ(ებ)ი: Magarotto di Luigi |
თემატური კატალოგი Grigol Robakidze: la vita, il pensiero e il romanzo Le trecce di Medea |
თარიღი: 2021 |
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▲ზევით დაბრუნება |
di Luigi Magarotto
In Unione Sovietica pretendono ora
che gli scrittori creino da materialisti e da marxisti,
ma io non sono nй materialista nй marxista.
(Grigol Robakidze, 1931) 1
Nel 1934 veniva pubblicato a Milano, nella collana „Pandora, voci di tutti i popoli“ della casa editrice Sperling e Kupfer S.A., il romanzo Le trecce di Medea di Grigol Robakidze (28.10.1880-19.11.1962). Poeta e prosatore creativo, fecondo, visionario, egli segnт gran parte del de stino della cultura georgiana negli anni Dieci e Venti del Novecento.
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1. G. Robakidze, Listki iz Evropy. „Ja vsegda budu pomnit' Zal'cburg…“ [Minute dall'Europa. „Ricorderт sempre Salisburgo…“], in Zvezda, 9, 2004, p. 154. Tutte le traduzioni dalle varie lingue
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2 1. Cenni biografici dello scrittore |
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La figura di Robakidze и oggi totalmente sconosciuta al lettore italiano. Nella sua stessa patria, il suo nome, ben noto negli ambienti artistici e letterari della prima metа del Novecento, divenne un tabщ a partire dagli anni Trenta e gradualmente emerse solo in seguito alla perestrojka (ricostruzione) e alla glasnost' (trasparenza) di Michail Gorbačëv alla fine degli anni Ottanta. Ciò è dovuto al percorso particolare della sua vita, sulla quale vale la pena di soffermarci brevemente.
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2.1 a) Formazione ed esordio |
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Terminato il ciclo scolastico presso il Seminario ecclesiastico di Kutaisi, nell'agosto del 1901 s'iscrisse alla Facoltа di giurisprudenza dell'Uni versitа di Jur'ev (o Dorpat in tedesco, l'attuale Tartu), ma a dicembre l'abbandonт, forse per non aver pagato le tasse universitarie o forse spinto da quel demone del movimento, della fuga, da lui spesso evoca to1. Decise allora di partire per la Germania, dove studiт filosofia per quattro anni (dal 1902 al 1906) all'Universitа di Lipsia. Gli restava da scrivere la tesi per la quale aveva giа trovato il titolo: Das Problem des Historischen bei Hegel (Il problema della dimensione storica in Hegel). Nel 1907 partм per Parigi portando con sй il manoscritto della tesi, poi purtroppo smarrito assieme ad altri libri2. И questo ciт che veramen te accadde o piuttosto si era stancato di occuparsi di Hegel? Ad ogni buon conto con la sparizione del manoscritto svanм il sogno della laurea in filosofia.
Stando ai suoi ricordi, nella capitale francese si dilettт della poesia di Charles Baudelaire e di Arthur Rimbaud, della prosa di Stendhal e di Gustave Flaubert3. Lì ebbe l'occasione di conoscere e intrattenere buoni rapporti con Dmitrij Merežkovskij, con Zinaida Gippius e con il critico Dmitrij Filosofov, il quale l'avrebbe presentato, qualche anno piщ tardi, a Valerij Brjusov, affinchй l'aiutasse a pubblicare sulla rivista Russkaja Mysl' (Il Pensiero russo), di cui dirigeva le pagine di letteratu ra e critica4.
Dopo un anno e mezzo di soggiorno parigino (frequentò pure lezioni alla Sorbona), nel 1908 rientrò in Georgia e subito si diede a tenere conferenze a Kutaisi e a Tiflis sulla letteratura georgiana (Šota Rustaveli, Nik'oloz Baratašvili, Važa-Pšavela) e sulla filosofia contem poranea di lingua tedesca (Friedrich Nietzsche, Oswald Spengler, Otto Weininger). Le sue capacità oratorie e la sua cultura erano apprezza te dal pubblico e perfino il patriarca delle lettere georgiane, il poeta Ak'ak'i C'ereteli, espresse su di lui un giudizio positivo. Nondimeno la radicalitа delle tesi esposte dal conferenziere suscitavano anche pro fondi disaccordi e animate discussioni.
Verso la fine degli anni Dieci, si recò a Pietroburgo e con la sua determinazione riuscì ad entrare nell'ambiente intellettuale simbolista, facendo la conoscenza di molti poeti e prosatori, a cominciare da Vja česlav Ivanovič Ivanov.
All'età di trent'anni, provò un qual pentimento per gli studi in terrotti di giurisprudenza e nell'agosto 1910 si rivolse con un'istanza al rettore dell'Universitа di Jur'ev per essere riammesso ai corsi. La richiesta fu accolta e dal 27 ottobre riprese a frequentare le lezioni. Nel dicembre 1913, secondo quanto risulta dagli atti dell'Universitа5, egli concluse l'ottavo e ultimo semestre. Ancora una volta spinto dal demone della fuga, il 16 dicembre 1913 pregт il Rettore di far inviare tutti i suoi documenti all'Universitа di Kazan', laddove avrebbe ripetu to l'ultimo semestre. Divenuto studente a Kazan' comunque non portт a termine il semestre: il 1 agosto 1914 la Germania aveva consegnato la dichiarazione di guerra alla Russia e Robakidze preferм rientrare in patria6.
Infervorato dai filosofi tedeschi, in primis da Nietzsche, egli si ri conosceva in una vita trasfigurata, nel gesto esaltato, nell'attualitа del mito, nell'ascendenza degli astri, dimostrandosi ben presto un teoriz zatore del moderno. Personalitа sensuale («Il mio emblema и il meda glione di Dioniso» и il suo verso che meglio esprime questa peculiari tа7), stregonesca, demoniaca (Aleksej Kručënych lo definì «specialista di Apocalisse e follia»8), promosse nel 1915 la fondazione del gruppo letterario avanguardista Cisperi q'anc'ebi (I corni azzurri), che, animato da straordinari poeti quali T'ician T'abidze, P'aolo Iašvili, Giorgi Le onidze e altri, innalzт la poesia d'avanguardia georgiana a livello euro peo e russo.
Negli anni Dieci, oltre alle numerose conferenze (era in grado di tenerle indifferentemente in georgiano o in russo, in base alle esigenze degli astanti), egli svolse un'intensa attivitа pubblicistica. Insegnт inol tre „Correnti contemporanee della filosofia e della poesia russa“9 nei corsi superiori d'istruzione femminile di Tiflis e allorchй nel 1918 fu fondata nella capitale georgiana l'Universitа Statale, venne chiamato quale libero docente di letteratura georgiana. Nel 1919 tenne anche un corso sul romanticismo tedesco presso l'Universitа di Baku.
La Grande guerra aveva creato in Russia una grave penuria di viveri, cosicchй molti scrittori, artisti, registi s'involarono nella «gibbo sa»10, «bellissima, voluttuosa e oziosa»11 Tiflis, il piщ importante centro politico-amministrativo, economico e culturale del Caucaso, cittа dalla prodiga ospitalitа e dall'abbondanza di cibo12. Tra i nuovi arrivati russi e gl'intellettuali indigeni si avviт subito un rapporto di collaborazione concorrenziale che portт alla fondazione di svariate riviste, alla nascita di gruppi artistico-letterari di vario orientamento (simbolisti, acmeisti, futuristi, dadaisti autoctoni), all'apertura di taverne letterarie le cui pa reti erano dipinte da pittori russi (Savelij Sorin, Osip Љarleman', Sergej Sudejkin e altri) e georgiani (Lado Gudiašvili, Kirill Zdanevič, Davit K'ak'abadze e altri). Ricordiamo le più importanti: Fantastičeskij ka bačëk (La tavernetta fantastica), Lad'ja argonavtov (La nave degli argo nauti), Pavlinyj chvost' (La coda del pavone) e Kimerioni, il cui nome alludeva alle fantastiche chimere e ai mitici cimmeri. Sembrava che ogni sodalizio perseguisse l'annientamento degli altri, in realtа la sera gl'intellettuali russi e georgiani si ritrovavano in queste taverne in tutta amicizia per concionare, ascoltare, dibattere, polemizzare. Robakidze, con la sua eloquenza e la sua battuta pronta, si trovava perfettamente a proprio agio: non c'era dibattito in cui non intervenisse, rivelandosi ben presto il grande antagonista di Aleksej Kručënych, il più transmen tale dei futuristi russi13.
Molta della Weltanschauung di Robakidze è espressa in queste righe:
«La Georgia è una scheggia d'Oriente! E noi non possiamo dimenticare la nostra culla. L'Europa occidentale ci è cara, ma per l'Europa non possiamo privarci dell'Oriente. Meglio sarebbe arrivare a un loro matrimonio suggel lato da un festino georgiano… e la Georgia и nata quasi per questo scopo. Osservate Rustaveli: non ha forse unito in una sintesi il pensiero orientale, carico di luci e ombre, con la forza prorompente [che avrebbe animato] il Rinascimento italiano?»14.
Circa vent'anni piщ tardi, egli ebbe a precisare che «l'Oriente e l'Oc cidente sono due mondi diversi [...] il primo dissolve il proprio „io“ nell'ἀρχή (archē): ogni inizio è un'archē, mentre il secondo si dipana in una monade individuale e l'inizio quasi sempre significa l'unico nuovo inizio»15. Il doppio retaggio Oriente/Occidente lo troveremo espresso in diverse sue opere, a cominciare dal romanzo Gvelis p'erangi (La pelle di serpente), pubblicato a Tiflis nel 1926.
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1. «Agitato dalla vita, non posso fermarmi nello stesso posto, vorrei essere ora qui, ora lа», cit. in A. Bakradze, K'ardu anu Grigol Robakidzis cxovreba da γvac'li [K'ardu o vita e opera di Grigol Robakidze], Lomisi, Tbilisi 1999, p. 20.
2. Ibid., p. 19.
3. Cfr. G. Robakidze, Čemi cxovreba [La mia vita], in Šerisxulni [I proscritti], vol. XV/II, Gea, Tbilisi 1994, p. 227.
4. Cfr. T. Nikol'skaja, Triumf i tragedija Grigola Robakidze [Trionfo e tragedia di Grigol Robakidze], in Zvezda, 9, 2004, p. 129.
5. Cfr. N. Gagnidse-M. Schuchard, Grigol Robakidse 1880-1962. Ein georgischer Dichter zwischen zwei Sprachen und Kulturen, Shaker Verlag, Aachen 2011, p. 8.
6. Cfr. A. Bakradze, K'ardu, cit., p. 23.
7. G. Robakidze, Avt'omedalioni [Automedaglione], in Meocnebe niamorebi, 7, 1922, p. 3.
8. T. T'abidze, Cisperi q'anc'ebi da dadaizm [I corni azzurri e il dadaismo], in Meocnebe niamorebi, 10, 1923, p. 15.
9. F. Blagovidov, Tiflisskie kursy [I corsi di Tiflis], in Kavkaz, 15 giugno 1916, 133, p. 3.
10. O. Mandel'љtam, „Mne Tiflis gorbatyj snitsja” [Sogno la Tiflis gibbosa], in Id., Stichotvo renija [Poesie], Sovetskij Pisatel', Leningrad 1974, p. 119.
11. N. Kazantzaki, Toda-Raba. Moscou a criй, Йditions Cambourakis, Paris 2017, p. 149.
12. Proveniente dalla Crimea affamata, nel settembre 1920 Osip Mandel'љtam, appena arrivato a Tiflis via Batumi, scrisse un inno al cibo e ai tavernieri: «Nad Kuroju est' duchany, / Gde vino i milyj plov, / I duchanšcˇik tam rumjanyj / Podaët gostjam stakany / I služit' tebe gotov» (Sulla Kura spiccano le taverne / con il vino e l'invitante pilaf, / il taverniere rubicondo / agli avventori porge i bicchieri: / a servirti и pronto). O. Mandel'љtam, Mne Tiflis gorbatyj snitsja, cit., p. 119.
13. Cfr. L. Magarotto, 1914-1921 c'lebis T'pilisis lit'erat'urul-k'ulturuli cxovreba / Literary and Cultural Life in Tiflis (1914-1921), in M. Erkomaiљvili (red.), Kartuli modernizmi 1910- 1930 / Georgian Modernism 1910-1930, Cezanne, Tbilisi 2006, pp. 45-71.
14. G. Robakidze, Leila, in Leila, 1, 1917, p. 2.
15. G. Robakidse, Das Lebensgefьhl im Westen und Osten, in Id., Dдmon und Mythos. Eine magische Bildfolge, Eugen Diederichs Verlag, Jena 1935, p. 48.
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2.2 b) Gli anni Venti del Novecento |
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Nel febbraio del 1921 l'Armata rossa invase la Georgia, abbattй il go verno socialdemocratico e impose il regime sovietico. Negli anni im mediatamente successivi, al comune cittadino sembrava che la vita pubblica e privata continuasse a scorrere normalmente, nondimeno gl'intellettuali si rendevano conto che il regime aveva iniziato a ridurre sempre piщ gli spazi di libertа, benchй il teatro Rustaveli, per esem pio, continuasse a rappresentare i drammi di Robakidze Londa (1917), Malљt'rem (Maelstrom, 1923) e Lamara (1924), drammi in cui domina no i miti, i simboli, le morti sacrificali, i chiaroveggenti, insomma una realtа assai lontana dagli ideali comunisti. Addirittura Lamara fu messa in scena, con la regia di Sandro Axmet'eli, alla Olimpiade pansovietica dei teatri e delle arti dei popoli dell'URSS, tenutasi nel giugno del 1930 a Mosca. Tra il pubblico erano presenti una trentina di corrispondenti stranieri1 e lo spettacolo ottenne un autentico trionfo. Stalin seguм in sala la rappresentazione, apprezzandola molto, tanto da complimentar si e farsi fotografare con la troupe.
Pochi anni prima, nel 1927, Robakidze aveva effettuato un soggior no di circa otto mesi in Germania. Come avrebbe spiegato nel 1950 in una missiva a Marie, la vedova di Romain Rolland, egli aveva preso atto in quegli anni che la letteratura del suo paese, benchй fosse ricca di una tradizione piщ che millenaria, era di fatto sconosciuta al pubblico eu ropeo, per cui si era riproposto di contattare intellettuali, traduttori ed editori tedeschi per far conoscere ai lettori europei i capolavori letterari georgiani2. In concreto riuscм ad inviare la traduzione in tedesco del suo romanzo La pelle di serpente allo scrittore Stefan Zweig, che conosceva soltanto di fama, pregandolo di rivederla. Egli esaudм la preghie ra, non limitandosi a correggere la sintassi del tedesco, ma indicт anche i punti deboli del testo. Dalla corrispondenza instauratasi in seguito tra i due scrittori, si evince chiaramente la riconoscenza di Robakidze per l'impegnativo lavoro svolto dall'autore austriaco3.
Viste le difficoltа ogni giorno maggiori con la censura, lo scrittore georgiano si era convinto che nel paese del socialismo la libertа sareb be stata completamente conculcata e gli autori, per poter pubblicare, avrebbero dovuto attenersi sempre piщ alle norme dettate dal partito comunista. Si rese conto che per lui, dopo il successo ottenuto con la pubblicazione a Jena del romanzo in tedesco La pelle di serpente nel 1928, sarebbe stato molto piщ facile pubblicare in Germania. Richiese un passaporto per la patria di Goethe, in cui aveva progettato nel suo intimo di fermarsi per sempre, perт non potй ottenerlo perchй erano giа in vigore misure restrittive e dal paese dei Soviet si poteva uscire soltanto con una missione ufficiale. A seguito del trionfo di Lamara a Mosca, la compagnia del teatro Rustaveli era stata invitata a recarsi in tournйe in Europa e negli USA (poi comunque non se ne fece nulla). Robakidze pensт allora di fare un nuovo tentativo per ottenere il passa porto. Egli stesso raccontт la vicenda allo scrittore Nikos Kazantzakis:
«Ho talmente lottato per avere il passaporto per l'estero che non ho tardato a sfruttare l'occasione. Nel novembre di quel medesimo anno [1930] arri vai a Mosca, laddove non si era spento il successo di Lamara. Trascorsa una lunga attesa, riuscii ad essere ricevuto al Cremlino da Enukidze4, persona molto influente nella sfera culturale. Era l'antipode di Stalin. E mi ha aiuta to molto. Nel 1937 fu condannato a morte perchй „traditore“. Gli dissi che in quanto autore di Lamara, all'estero avrei potuto aiutare gli organizzatori della tournйe teatrale. Grazie a lui ho ricevuto il passaporto»5.
Kazantzaki aveva conosciuto Robakidze nel 1928 a Tiflis, durante il viaggio compiuto in Unione Sovietica e da allora intrattenne con lui una corrispondenza per molti anni. Appassionato esito di quel viaggio fu il romanzo Toda-Raba. Moscou a criй (Toda-Raba. Mosca ha urlato), scritto in francese nel 1929 e pubblicato nel 1934, in cui dedica allo scrittore georgiano due pagine. Lo descrive «un uomo di una eleganza sobria, dalle movenze gentili e rapide, dall'occhio esaltato e freddo.
Soltanto il suo riso ampio e trattenuto, che scopre dei bei denti da carnivoro, tradiva in quell'uomo disciplinato una sensualitа vorace». In seguito и lo stesso Robakidze a presentarsi, enunciando i principо filosofici ed artistici osservati nella sua creazione letteraria:
«Sono uno scrittore, ma la mia arte ha un'Idea mistica. Ogni uomo и un figlio effimero che contiene in sй il Padre eterno. Scopo dell'arte и di poter trovare ed esprimere per mezzo di un corpo visibile, per mezzo del Figlio, il soffio invisibile del Padre. Se l'uomo si limita a comprendere ed esprimere il Figlio, non fa che creare un'opera d'arte superficiale; se egli esprime idee astratte, il Padre solo, smette di fare arte e fa della metafisica. Lo Sforzo di captare mediante il Verbo l'essenza immortale che vive in noi, и una magia. Ecco perchй l'arte и una scienza misteriosa: una vera teurgia. [...] Nella coscienza occidentale predomina l'elemento individuale; in quella dell'Oriente, la sensazione dell'unione profonda con l'universo. L'occiden tale и liberato dal grande Tutto; il cordone ombelicale tra lui e l'Universo и reciso; a forza d'impoverimento e di orgoglio, и diventato una monade che ragiona, cioи che si scava attorno dei fossati e s'isola. L'orientale invece и ibrido, egli vive e si agita vincolato con il Tutto. Il Padre predomina presso l'orientale, il Figlio presso l'occidentale. Tuttavia giа si annuncia il matri monio tra l'asiatico perduto nel Tutto e l'Europa individuale e razionale»6.
Da cristiano credente, seppur infatuato di paganesimo, Robakidze con fidava nell'oltreuomo, nel possibile uomo-dio perchй, unendo arte e misticismo, si perveniva, seguendo l'insegnamento di Vladimir Solov'лv e dei simbolisti russi, alla teurgia, appunto. La teurgia - ricorda Andrej Belyj - eleva i profeti e mette sulle loro labbra la parola che frantuma le rocce.7 Prosegue Valerij Brjusov: «L'arte ci fa comprendere il mondo per altre vie, non razionali. L'arte и ciт che in altri campi si chiama ri velazione. Le opere d'arte sono le porte socchiuse sull'Eterno»8. Sono proprio la scuola simbolista russa da un lato e la dottrina di Nietzsche dall'altro, due delle fonti che contribuiscono a formare il pensiero dello scrittore georgiano. Inoltre egli indica qui anche un altro motivo da cui trae ispirazione, ovvero il tanto auspicato incontro tra cultura orientale e cultura occidentale.
Ma riandiamo al passaporto, anzi ai passaporti finalmente conces si. Assieme alla seconda moglie e alla nipote di cinque anni e mezzo, il 6 marzo 1931 lo scrittore partм per Berlino, dove prese in affitto un appartamento in Nachod StraЯe, 9, rimanendovi fino al febbraio 1941, allorchй traslocт in Bamberger StraЯe, 55.
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1. Cfr. G. Robakidze, Listki iz Evropy. „Ja vsegda budu pomnit' Zal'cburg…“, cit., p. 153.
2. Cfr. A. Bakradze, Kardu, cit., p. 112.
3. Cfr. T. Nikol'skaja, Triumf i tragedija Grigola Robakidze, cit., p. 132.
4. Abel Enukidze (1877-1937) era allora il potente segretario del Comitato esecutivo centrale dell'Unione Sovietica.
5. A. Bakradze, Kardu, cit., p. 117.
6. N. Kazantzaki, Toda-Raba. Moscou a criй, cit., pp. 142-144.
7. Cfr. A. Belyj, Simvolizm kak miroponimanie [Il simbolismo come concezione del mondo], in Mir Iskusstva, 5, 1904, p. 185.
8. V. Brjusov, Kljucˇi tajn [Le chiavi dei segreti], in Id., Sobranie sočinenij [Opera omnia], vol. VI, Chudožestvennaja Literatura, Moskva 1975, p. 91.
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2.3 c) La famiglia |
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A questo punto dobbiamo soffermarci qualche momento non per chia rire, ma piuttosto per evidenziare le contraddizioni e i vuoti che, mal grado gli sforzi dei ricercatori, permangono nella vita privata del nostro scrittore.
Ricordiamo che una prima volta egli si era sposato con Nina Petro vna Domanskaja, una giovane crocerossina, conosciuta con ogni proba bilitа in Persia nel 1916/7, mentre la presunta figlia Mira nel 2004 asserм, in un'intervista a Sergei Feodos'ev1, che i due si sarebbero incontrati durante la prima guerra mondiale a Kars, sul fronte russo-turco. Dalla loro unione sarebbe nata Alla, la prima figlia. Il matrimonio sarebbe falli to subito dopo la nascita della figlia e Nina Petrovna sarebbe tornata con la bimba dai propri genitori a Baku, laddove un'epidemia di scarlattina avrebbe causato la morte di molti bambini, tra cui Alla2. Dopo Alla sarebbe nata una seconda figlia, alla quale sarebbe stato dato il nome di Marija (Mira) (? - 16.03.2017). Se cosм fossero andate le cose, bisognereb be presupporre che il matrimonio non fosse naufragato in poco tempo, ma che i coniugi avessero mantenuto dei rapporti per almeno un paio d'anni, con un breve viaggio di Nina Petrovna a Baku e il conseguente, fatale contagio per Alla. Sappiamo che nel dicembre 1921 o nell'anno 1922 Robakidze convolт a nuove nozze con Elena Vladimirovna Fialki na. Mira sarebbe rimasta a vivere con la madre.
Nella summenzionata intervista Sergej Feodos'ev assicura di aver visto, tra i documenti conservati da Mira, il certificato di divorzio tra Nina Petrovna e Robakidze, rilasciato a Tiflis nel 1927. Il certificato, ora riprodotto nell'opera omnia dello scrittore, presenta una data scrit
ta a mano di difficile comprensione: si potrebbe leggere l'anno 1921 o 1927. Dobbiamo supporre che la data da leggere sia il 1921, considera to che Robakidze nel 1921/2 convolт a nuove nozze.
Nel 2004 Mira, su indicazione di Feodos'ev, inviт allo scrivente un suo libro di poesie dal titolo Izbrannye stichi (Poesie scelte), fresco di stampa. Le fu risposto con una lettera di ringraziamento e la richiesta di chiarimenti sulla sua vita e su quella di suo “padre”. Il 18 aprile 2004, Mira spedм la seguente replica dalla cittа di Kam”janec'-Podil'skij, in Ucraina, il suo ultimo luogo di residenza:
«[...] Lei mi chiede se so qualcosa della famiglia Robakidze. Non posso dirLe nulla perchй nella nostra famiglia questo era un argomento chiuso. Egli mi ha visto una sola volta all'etа di cinque anni. Mia nonna ed io ci siamo recati a Baku per incontrarlo ad un indirizzo che ci aveva indicato. L'abbiamo at teso per tre giorni e finalmente si и fatto vedere. Di sicuro aveva giа preso la decisione di andarsene in Germania e di restarvi. Questo lo capii dalle parole di mia nonna, allorchй gli chiese: „Griљa, ci hai pensato bene? Non ti pen tirai?“ La risposta fu: „Sм, in Germania mi attendono gli amici e il lavoro“. Io ho un'ottima memoria e ricordo tutto fin dall'infanzia. Mi aveva portato in dono un secchiello di caramelle sul quale era disegnato un girotondo di bambini danzanti. Al momento di andarsene, mi baciт sulla fronte come si fa con una defunta. Dei suoi parenti mia madre conosceva soltanto sua sorella Marija, la quale si era consacrata a Dio. Nel 1936 abitavamo nel paesino di Varvara, distretto di Chacˇmaz (Xaçmaz), in Azerbaigian e in autunno venne da noi una persona da Tbilisi, di nome Konstantin, di etа sui 35-36 anni. La mamma e la nonna lo conoscevano bene. Egli chiese alla mamma che gli fossero consegnate in custodia tutte le foto dove era ripresa insieme [a Robakidze], nonchй i documenti [in cui egli era nominato]. A noi и rimasto soltanto il certificato dello scioglimento del loro matrimonio, che conservo a tutt'oggi io. Ricordare la mia infanzia e la mia giovinezza mi pesa molto. Su di me pareva fosse caduta una qualche maledizione e mia madre era come una zombi: fintanto che non si strappava il vecchio vestito non se ne cuciva uno di nuovo. Noi eravamo messi peggio che in Via col vento. Nel 1939-40 abitavamo nel distretto di Chacˇmaz e mio compagno di classe era un ragazzo di nome Jurij, figlio del dirigente dell'NKVD3 regionale Leonid Luganskij. Il nostro appartamento era proprietа di loro cari conoscenti, cosм noi erava mo oggetto di continue delazioni dal momento che eravamo la famiglia di un „nemico del popolo“, allorchй un'ennesima delazione arrivт fino all'NKVD di Chačmaz. Nella famiglia di Luganskij mi volevano molto bene perché io facevo sempre i compiti a casa per Jurij. Leonid Luganskij convocò la mamma e le disse che, grazie a me, avrebbe distrutto tutte le delazioni, affinché smettessero di cercarci e in presenza della mamma le gettò nella stufa. Malgrado fosse divorziata, per qualche ragione la mamma aveva mantenuto il cognome Robakidze. Per poter cambiare cognome, all'inizio del 1930 si risposò con Aleksandr Ivanovicˇ Melent'ev, il quale diede anche a me il suo cognome. Mi misero nome Marija, ma in famiglia mi chiamava no Mira, mentre Miroslava и semplicemente il mio pseudonimo letterario. Per questo non sono Grigor'evna, ma Aleksandrovna. Mi hanno cambiato il certificato di nascita. Mi scusi se salto di palo in frasca. Dopo la morte del compagno Stalin, il fratello di mia madre voleva cercare Robakidze, le dice va: „Nina, dai che ritroviamo Griљa“, io mi opponevo, ribattendogli: „Noi non sappiamo come si sia comportato nella Germania fascista“. Ed ebbi ragione. Egli aveva scritto un libro su Hitler dal titolo Adolf Hitler con gli occhi di un poeta georgiano [lege: Adolf Hitler visto da un poeta straniero] e un libro su Mussolini Illuminato dal sole [lege: Mussolini, il prescelto del sole]. Io ho questi libri, ma sono stampati in caratteri gotici, cosм nessuno di noi и in grado di leggerli. E io, a dire il vero, non ne ho nessuna voglia. Raccogliere informazioni su di lui ho cominciato nel 1989, quando ho letto nella „Literaturnaja gazeta“ („La gazzetta letteraria“) un articolo intitolato Vospominaja zabytoe (Ricordando il passato obliato), dove era scritto che egli era morto in Svizzera in povertа e solitudine. Ho provato un grande dolore e il destino mi ha condotto a incontrare per caso Sergej Feodos'ev, il quale mi ha dato molte informazioni su mio padre [...]».
Per sfuggire all'onta di portare nel suo nome il marchio di un padre «traditore della patria e nemico del popolo» (cosм era stato ufficialmen te bollato Robakidze nel suo paese), Mira prese dunque il cognome e il patronimico dal patrigno, diventando cosм Mira Aleksandrovna Me lent'eva.
Tuttavia nella sua missiva restano diversi punti non chiari e un'evi dente contraddizione. Andiamo per ordine. Robakidze aveva tre sorel le: Nino, Agrafina e Lida. Nessuna di loro si chiamava Marija, ma se poi una delle tre ha pronunciato i voti facendosi monaca, come si evince dalla lettera, и molto probabile che abbia cambiato nome. Una impre cisione: nel 1936 il villaggio di Varvara non faceva parte del distretto di Chačmaz (Xaçmaz), ma ha sempre fatto parte di quello di Evlach (Yevlax). Procediamo. Mira narra di un evento accaduto nel 1939-40, allorché abitavano nel distretto di Chacˇmaz e frequentava la scuola lo cale. Sua madre fu convocata dal dirigente regionale dell'NKVD e in sua presenza fece un gesto di umana comprensione: bruciт tutte le de lazioni nei loro confronti. Nella citata intervista a Feodos'ev, oltre che raccontare questo evento (esattamente si dice che il dirigente intimт alla madre di non nominare «mai e in nessun luogo» il nome Roba kidze, comunque in altri compendi dell'intervista apparsi in Internet, Feodos'ev aggiunse che il dirigente bruciт i loro fascicoli), afferma che frequentava l'ottava classe in una scuola nella città di Chacˇmaz (non dunque nel distretto). Se questo fosse vero, Mira doveva avere non più di 15 anni ed essere quindi nata nel 1924/5, cosa difficile da supporre perché Robakidze dal 1921/2 aveva una seconda moglie. A seguito dei rapporti esposti piщ sopra tra Nina Petrovna e il consorte, Mira, per essere la figlia di Robakidze, non puт essere nata dopo il 1918/9, in tal caso, al momento dell'episodio accaduto presso l'NKVD, avrebbe avu to 21-22 anni, un'etа incompatibile con la frequentazione dell'ottava classe4.
Robakidze partм per Berlino portando con sй la consorte Elena Vla dimirovna Fialkina (22.04.1900-23.02.1957), la quale era nata ad Orлl e negli anni 1917-20 aveva studiato medicina all'Universitа di Mosca, senza conseguire la laurea. Nel 1921 se l'era filata da una Mosca affama ta per trovare ristoro presso la sorella Aleksandra a Tiflis. Nel dicem bre di quell'anno (secondo quanto da lei stessa scritto in un questiona rio della polizia svizzera) o nel 1922 (come specificato nel curriculum dell'8 maggio 1937, compilato per ottenere la tessera associativa della camera di cultura del Reich) aveva sposato a Tiflis Grigol Robakidze.
Fino al 1926 aveva interpretato vari ruoli in un teatro della capita le georgiana, poi si era ritirata «perchй tutti i teatri in Russia [URSS] erano divenuti sedi di propaganda comunista»5. In riviste sovietiche aveva iniziato a pubblicare brevi racconti. Una volta in Germania, con lo pseudonimo di Elena Oriol, ha scritto in lingua tedesca racconti per riviste femminili, inoltre ha pubblicato nel 1938, presso Deutscher Verlag di Berlino, il romanzo Nina: Tagebuch einer liebenden und lei denden Frau (Nina: diario di una donna affettuosa e sofferente). In una lettera a N. Kazantzaki, Robakidze la definм una «brillante romanzie ra». Non ebbe figli, ma si dedicт a crescere ed educare la nipote Alya, la quale ha raccontato allo scrivente di aver avuto nei suoi confronti un rapporto d'intenso amore, se non di adorazione. La zia, che Alya chia mava mamma, non le ha mai fatto mancare nulla, addirittura le cuciva lei stessa i vestiti allora di moda che la bambina aveva modo di sfog giare. Lo zio Grigol Robakidze, al quale Alya si rivolgeva chiamandolo Grigorij, aveva nei suoi confronti un atteggiamento piщ distaccato, era cortese, cordiale, ma si occupava soprattutto dei suoi lavori, insomma - sintetizza Alya - era un tipico intellettuale concentrato su se stesso e non sugli altri.
L'11 febbraio 1950, allorchй aveva trovato un lavoro e ai coniugi Robakidze era stato assegnato un appartamento dalle autoritа svizze re, Elena Vladimirovna fu colpita da paralisi, perdendo la capacitа di muoversi e di parlare. Trascorse gli ultimi sette anni della sua vita, in parte a casa e in parte in una clinica a Zurigo, tra incessanti sofferenze.
Lo scrittore riuscм ad avere il passaporto pure per la nipote Elena (Alja, Alya) Pogorelova, nata a Mosca il 17 ottobre 1925. И figlia di Aleksandra Vladimirovna Fialkina (1895/8-1928/9), sorella di Elena, e di Milan Michajlovič Pogorelov (1888/9- ?), ufficiale di artiglieria in servizio presso il nucleo informativo dello stato maggiore dell'Ar mata Rossa nel Caucaso. Nel 1927 egli fu arrestato e incarcerato con l'accusa di spionaggio. Nel 1928/9 Aleksandra Vladimirovna venne a mancare in seguito a gravissime ustioni causate da un ferro da stiro a carbone, lasciando sola la piccola Alya. Prima di morire, la madre si era fatta promettere dalla sorella Elena che si sarebbe occupata della bambina.
Secondo la testimonianza di Alya, sembra che i coniugi Robakid ze siano riusciti ad ottenere la rinuncia alla paternitа dal padre natu rale, allora incarcerato, e che l'abbiano adottata. Tuttavia Nino Salia, co-fondatrice della rivista dell'emigrazione georgiana Bedi Kartlisa (Il Destino della Georgia), scrive che a seguito della morte di Grigol Ro bakidze, Alya, avendo fatto richiesta per interposta persona, davanti a un tribunale svizzero, di essere riconosciuta unica erede dell'archivio e dei diritti letterari dello zio, non fu in grado di presentare nessun docu mento a dimostrazione della sua adozione da parte dei coniugi Robaki dze, pertanto il tribunale respinse la sua richiesta6. In quella sede non fu preso in considerazione neanche il testamento, redatto presso un no taio tedesco, con il quale lo scrittore georgiano nominava Alya, dopo la propria morte e quella della moglie, sua unica erede, testamento che и a tutt'oggi in suo possesso e che qui pubblichiamo in traduzione italiana:
«Sottoscritto a Ьberlingen nell'ufficio del notaio il 14 aprile millenovecen toquarantacinque (14 aprile 1945).
Nello studio del notaio a Ьberlingen [sono] presenti il consigliere di giustizia Otto Rehm in qualitа di notaio; Grigol Robakidse, scrittore, [residente] a Ьberlingen (localitа sostitutiva), Litscher StraЯe, 19, in precedenza a Ber lino, Bamberger StraЯe, 55, nato a Sviri (Georgia), il 1° novembre 18847, apolide, in precedenza [cittadino] sovietico.
L'identitа del comparente и legale e attestabile, la sua persona и stata ade guatamente segnalata mediante passaporto estero dell'amministrazione distrettuale di Ьberlingen datato 23.12.1944 e tessera associativa della Ca mera di cultura del Reich del 30.10.1936.
Il comparente ha dichiarato oralmente al notaio quanto segue:
Testamento e Lascito letterario:
In caso di morte dispongo che tutti i diritti d'autore (Edizioni a stampa, Traduzioni, Conferenze, Riprese cinematografiche, Prestazioni e ogni altro diritto) su tutti i miei lavori stampati, indipendentemente da dove e quan do, come pure su quelli non stampati, siano trasmessi a mia moglie, Helene Robakidze, nata Fialkin[a], il 22.04.1900 ad Orлl, non lontano da Mosca. In caso di morte o altro impedimento di mia moglie, tutti i diritti sopraelen cati vanno a mia figlia adottiva, nipote di mia moglie, la signorina Helene (Alja) Pogoreloff [Pogorelova], nata il 17.10.1925 a Mosca.
In caso di morte o altro impedimento anche della figlia adottiva, questi diritti vanno all'editore Eugen Diederichs di Jena, alla sola condizione che l'editore utilizzi una parte adeguata dei profitti come fondo di dotazione per opere della letteratura e poesia georgiana e in particolare per pubbli cazioni che riprendano i problemi sollevati nelle mie opere indipendente mente dalla lingua in cui sono scritte.
Chiusura
Sono richieste 1 copia e 2 copie autenticate.
Il documento di cui sopra и stato letto ad alta voce e approvato, nonchй firmato a mano come segue».
Il tribunale stabilм che l'archivio e tutti i beni del defunto scrittore do vessero essere acquisiti dalle autoritа svizzere a parziale risarcimento dei sussidi concessi all'estinto nel corso di diversi anni.
Nella lettera del 17 luglio 1929 a Stefan Zweig, Robakidze definм Alya «una bambina estremamente dotata». Compм il ciclo scolastico in Germania e, una volta in Svizzera, dapprima frequentт il primo anno della Scuola superiore di commercio (Йcole supйrieure de commerce) a Neuchвtel, poi nel 1945 s'iscrisse alla Scuola interpreti di Ginevra (Йcole d'interprиtes de Genиve, EIG). Nel corso del primo anno fuscelta per fare da interprete simultanea dal russo al tedesco al primo processo di Norimberga. Queste due lingue erano da lei ben conosciu te: il russo lo aveva appreso fin dalla nascita in famiglia e il tedesco fre quentando il ciclo scolastico in Germania. A Norimberga ebbe modo di scoprire e usare le nuove, sofisticate apparecchiature per la tradu zione simultanea portate dagli americani. Adempiuto il suo incarico al processo, rientrт a Ginevra e portт a compimento gli studi all'EIG.
Il 15 ottobre 1949 si unм in matrimonio a Ginevra con il diploma tico italiano Saverio Callea (1915-2004), avvenimento che rappresentт una svolta radicale nella sua vita. Non piщ apolide, ma divenuta cittadi na italiana potй lavorare nell'ambito degli aiuti presso l'Organizzazio ne Internazionale per i Rifugiati (International Refugee Organization, IRO) delle Nazioni Unite e poi presso il Comitato Intergovernativo delle Migrazioni Europee (CIME). A partire dal 1954, allorchй inizia rono i trasferimenti nelle varie sedi (Perth, Mulhouse, Ottawa, Stoccar da, Parigi, Quito) del consorte, Alya lo seguм ovunque con la famiglia, vivendo in pieno da moglie di un diplomatico, ossia dedicandosi con grande professionalitа, cura e savoir-faire a rinvigorire le relazioni di plomatiche del consorte. Allorchй la famiglia si trovava a Ottawa, la rivista canadese Chatelaine (1969, volume 42, numero 11) inserм Alya nell'elenco delle piщ considerate e influenti organizzatrici di ricevi menti della cittа. Dal loro matrimonio sono nati quattro figli: Tamara (1950), Olivia (1955), Diana (1958) e Vittorio (1959). Attualmente Ele na (Alya) Pogorelova Callea vive in Italia.
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1. Si tratta di un docente universitario ucraino interessato all'opera e alla vita di Robakidze. Su Mira ha scritto l'articolo Movčannja trivalistju u 50 lit [Un silenzio durato 50 anni], in Koleso, 2, 8, 2004, pp. 2 e 13.
2. Cfr. N. Gagnidse-M. Schuchard, Grigol Robakidse 1880-1962, cit., p. 17.
3. NKVD, acronimo di Narodnyj Komissariat vnutrennych del SSSR (Commissariato del popolo per gli affari interni dell'URSS), ovvero della polizia per la sicurezza dello Stato, cosм chiamata dal 1934 al 1943.
4. Cfr. N. Gagnidse-M. Schuchard, Grigol Robakidse 1880-1962, cit., pp. 17-18. A p. 18 del volume viene riportata una cartolina inviata da Robakidze in data 7 giugno 1945 al filosofo Leopold Ziegler, in cui scrive: «io non ho figli». Questa potrebbe essere un'affermazione decisiva per risolvere la questione dei figli dello scrittore, ma sappiamo che non sempre la sua parola era veritiera.
5. Cfr. N. Gagnidse-M. Schuchard, Grigol Robakidse 1880-1962, cit., pp. 88-89.
6. Cfr. N. Salia, Grigol Robakidzis nac'erebis bedi [Il destino degli scritti di Grigol Robakidze], in Bedi Kartlisa, 47, 1964, pp. 36-39.
7. 31 La data di nascita и inesatta. In una lettera del 25 settembre 1955 all'amico e scrittore Hans Hasso von Veltheim, Robakidze spiegт l'enigma. Negli anni Venti, rimirando la propria foto, si era trovato molto piщ giovane di quanto non fosse in realtа, pertanto decise di togliersi quattro anni d'etа, fissando la sua data di nascita al 1 novembre 1884.
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2.4 d) In emigrazione |
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Ritorniamo al nostro scrittore. Nella nuova patria Robakidze pub blicт ben nove libri, alcuni dei quali scritti direttamente in tedesco. L'opera Das Schlangenhemd: ein Roman des georgischen Volkes (La pelle di serpente: un romanzo del popolo georgiano), con la prefazione di Stefan Zweig, era stata pubblicata dalla Eugen Diederichs Verlag a Jena nel 1928, prima ancora che egli si fosse trasferito in Germania. Subito dopo il suo arrivo, la Rainer Wunderlich Verlag pubblicт nel 1932 a Tubinga Megi, ein georgisches Mдdchen (Megi, una ragazza ge orgiana) che piщ tardi sarebbe uscito in italiano con il titolo Le trecce di Medea (Sperling e Kupfer S.A., Milano 1934). Nello stesso anno fu pubblicata altresм la raccolta Kaukasische Novellen (Novelle caucasiche) (Insel Verlag, Leipzig 1932). L'anno successivo fu la volta del romanzo Die gemordete Seele (L'anima uccisa) (Eugen Diederichs Verlag, Jena 1933), quindi seguм Der Ruf der Gцttin (Il richiamo della dea) (Eugen Diederichs Verlag, Jena 1934). Un anno piщ tardi vide la luce la raccolta di saggi Dдmon und Mythos: eine magische Bildfolge (Demone e mito: un bozzetto magico) (Eugen Diederichs Verlag, Jena 1935) e ancora Die Hьter des Grals (I custodi del Graal) (Eugen Diederichs Verlag, Jena 1937).
La critica e i lettori tedeschi dimostrarono fin da subito un innega bile interesse verso le opere di Robakidze1. Lev Nussimbaum, meglio noto con gli pseudonimi di Essad Bey e Kurban Said, scrittore azero di origini ebraiche assai prolifico in lingua tedesca, in un articolo appar so nel secondo numero della rivista Echo der Zeit (L'Eco del Tempo) del 1933, affermт addirittura: «Non и consuetudine definire geniale uno scrittore conosciuto dal pubblico tedesco soltanto per due opere [La pelle di serpente e Megi, una ragazza georgiana], eppure nel caso di Robakidze и ammissibile»2. Alla luce delle lodi allo scrittore geor giano, и curioso rilevare che il suo romanzo piщ famoso Ali und Nino (1937) sia oggi ritenuto da alcuni critici un parziale plagio proprio di Das Schlangenhemd3. Tra l'altro il romanzo Das Schlangenhemd venne elogiato finanche in Francia, benchй non sia mai stato tradotto in fran cese. Infatti lo scrittore e accademico di Francia Marcel Brion, nella rubrica L'Actualitй littйraire а l'йtranger del settimanale Les Nouvelles Littйraires del 22 marzo 1930, stese una nota, definendolo:
«un libro di una strana bellezza e di una grande seduzione; [...] si tratta segnatamente del libro di un poeta e raramente la magia dell'Oriente и stata tradotta con tanta potenza e nostalgia. И un libro ardente e profuma to, ricco di sogni, di malinconia, la cui forza descrittiva и cosм grande da raggiungere una sorta di lirismo visionario»4.
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1. Troviamo una scelta di brani della critica europea sull'opera di Robakidze nel suo necrologio preparato da K'alist'rat'e Salia, Grigol Robakidze, in Bedi Kartlisa, 47, 1964, pp. 6-10. Margret Schuchard, consultando gli archivi della casa editrice Eugen Diederichs, ha calcolato che l'editore ha venduto un totale di 166.827 copie dei libri di Robakidze. Cfr. N. Gagnidse-M. Schuchard, Grigol Robakidse 1880-1962, cit., p. 113.
2. Cit. in M. K'vat'aia, The Source of Personal Origin and a Portrait of the Writer in the Interior, http://www.litinfo.ge/vol-13/kvataia%20maia%20.pdf (ultimo accesso 25.12.2020).
3. Cfr. T. Inǧia, Ali and Nino: Literary Robbery, IM Publishing, Norwalk (CT) 2009. Dobbiamo rammentare che l'ufficialità letteraria azera, considerando Ali e Nino il romanzo nazionale dell'Azerbaigian, esclude categoricamente possibili origini ebraiche dell'autore.
4. M. Brion, L'actualitй littйraire а l'йtranger, in Les Nouvelles Littйraires, artistiques et scientifiques, 388, 1930, p. 6.
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2.5 e) Infatuazione e disillusione |
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A cavaliere degli anni Trenta e Quaranta, Robakidze diede alle stampe due libri che avrebbero pregiudicato la sua reputazione di uomo e di scrittore. Il primo, intitolato Adolf Hitler von einem fremden Dichter gesehen (Adolf Hitler visto da un poeta straniero), fu stampato nel 1939 da Eugen Diederichs Verlag di Jena con una grande tiratura. Sfondт subito nel mercato librario e Joseph Goebbels lo inserм nell'e lenco delle letture raccomandate dal partito nazionalsocialista. Raccon ta il sociologo e storico Nicolaus Sombart:
«A sentire numerose voci, Goebbels invitт al Ministero della propaganda il “poeta straniero”, che rimase colpito dai grandi occhi del ministro. Durante l'incontro egli ricevette l'incarico di scrivere un libro simile [ad Adolf Hitler visto da un poeta straniero] su Mussolini, impresa poi portata a compimento. Fu ricevuto in udienza a Roma e in piena guerra visse a Capri per settimane a spese del governo italiano. Il risultato delle sue meditazioni isolane fu il seguente: Mussolini era un uomo del sole. Pure questo libro fu inserito nell'e lenco delle letture di partito. Robakidze aveva un avvenire sicuro»1.
In effetti nel 1941 uscм il secondo volume in questione: Mussolini, der Sonnengezeichnete (Mussolini, il prescelto del sole, Eugen Diederichs Verlag, Jena), di cui fu pubblicata una nuova edizione nel 1942 con il titolo Mussolini: Visionen auf Capri (Mussolini: visioni a Capri, Eugen Diederichs Verlag, Jena).
Giа negli anni Trenta Robakidze era stato accusato dalle autoritа del suo paese di essere filonazista per aver trovato rifugio in Germania. In seguito alla diffusione di questi due libri la macchina propagandi stica sovietica moltiplicт gli attacchi nei suoi confronti. Lo scrittore respinse sempre indignato le accuse, sostenendo: «Nel paese dei Soviet pensano che io stia sulla „seconda“ sponda. Non и vero. Io sto sulla „terza“ sponda. I fiumi hanno anche questa sponda. Coloro, i quali non stanno su questa sponda non possono ergersi né a pensatori né ad artisti»2. Tra il comunismo sovietico e il nazismo tedesco, egli aveva dunque scelto una terza posizione, la qual cosa significava, secondo Irak'li Xvedelidze, vivere in un determinato spazio, ma interiormente far parte di un altro mondo, del mondo della nativa cultura georgiana3, profondamente intrisa della saggezza e delle tradizioni orientali nelle quali si riconosceva: «Nel 1916 [e nel 1917] andai in Persia in qualitа di militare. Fu un punto decisivo della mia vita. Arrivai fino alla soglia della Mesopotamia ed ebbi la percezione di aver ritrovato la patria perduta nel corso dei secoli»4. E le parole di elogio verso Hitler, allora? A questa domanda, nel 1947 l'autore rispose cosм:
«Nel paese dei Soviet mi hanno "battezzato „fascista“. Questo contraddice la realtа. Il libro su Hitler? Questo libro и costruito seguendo schemi „pita gorici“. In breve: la visione nazionalsocialista del mondo и completamente distrutta dal di dentro; allo stesso tempo Hitler и collocato in uno spazio reale: in questo spazio egli cresce davvero con un trionfo mitico. Di qui l' „in tenzionalitа“ (la relazione) interna del libro: se egli si и incamminato „per questa via“ e non „per quella“, allora il luminoso „trionfo“ и, per cosм dire, „assicurato“. Oggi c'и una sola domanda appropriata: sarebbe accaduto ciт che accadde, se egli avesse indirizzato su questa via il proprio prodigio sto rico? Pure la risposta и una: no. Il libro ha una struttura assai complessa»5.
Non tutte le scelte compiute nella nostra vita si possono spiegare. Una volta emigrato in Germania, Robakidze trovт nel mondo cul turale tedesco e in particolare nell'ideologia nazista piщ convincenti elementi per confermare la sua fede nel mito, nel culto pagano del sole, degli astri, del fuoco, della terra. Nel 1935 egli ebbe a precisare che a quel tempo esistevano due indirizzi di pensiero. Il primo, dif fuso un po' ovunque nel mondo, ma soprattutto in Unione Sovietica, era disposto a recepire il nostro pianeta soltanto in quanto materia da sfruttare con la razionalitа e la tecnica. La terra veniva in questo modo liberata dalla malia e privata del suo carattere divino, si negava l'Eterno e si reprimeva l'individuale. Invece un secondo indirizzo, affermatosi specialmente in Germania, vedeva nella madre terra, la Magna mater, che non era controllata dalla razionalitа, ma dall'intuizio ne e la tecnica si convertiva in un surrogato della magia. Inoltre, tutti i fenomeni erano esaminati in una indissolubile unitа cosmica sotto il segno del mito6.
Robakidze era dunque assai scettico sulla tecnica che, come avreb be teorizzato alcuni anni piщ tardi Martin Heidegger, livella, omologa, uccide la natura, strappando e sradicando l'uomo sempre piщ dalla ter ra7. La Germania nazionalsocialista, invece, benchй riarmasse l'eser cito, l'aviazione e la marina grazie allo sviluppo di una tecnica avanza tissima, coltivava nel contempo l'ancestralitа, il mito della purezza del sangue e della razza, il culto per l'esoterismo e la magia, la passione per le teorie mistico-filosofiche (era in auge pure Elena Blavatskaja con la sua teosofia e l'occultismo). Lo scrittore georgiano provava stima per gl'intellettuali spiritualisti, con alcuni dei quali avrebbe in seguito stret to rapporti d'amicizia. Menzioniamo Leopold Ziegler, critico dell'uo mo moderno perchй incapace di reinterpretare il simbolismo dei culti e dei riti antichi; Oskar Goldberg, eccentrico pensatore impegnato a trovare un'obiettivitа scientifica alle sue speculazioni mistico-teologi che del Pentateuco (persona peraltro descritta da Thomas Mann nel suo romanzo Doktor Faustus in termini poco lusinghieri) e il conte Hermann Keyserling8, assertore di una rigenerazione spirituale. Per spiegare l'esaltazione giovanile di Robakidze per i miti, esaltazione che sarа conservata, se non potenziata per tutta la vita, dobbiamo ancora una volta ricorrere all'influenza di Nietzsche perchй dal mito della gre citа alla dottrina dell'eterno ritorno, dal concetto dell'oltreuomo fino alla volontа di potenza sono intuizioni che producono un effetto catar tico: dilatano spiritualmente l'uomo comunicandogli un sentimento di beatitudine9. Proprio credendo nella forza catartica dei miti il giova ne Robakidze ricerca nelle antiche leggende delle montagne georgiane l'insegnamento di cui si ha bisogno nel presente, rivolgendosi in parti colare ad indagare la potenza mitologica della poesia di Važa-Pšavela, di «questo nostro contemporaneo, questo figlio risuscitato del passato mitologico»10, il quale, appunto, reinterpreta nei suoi versi i miti nar rati nelle regioni di Pљaveti e Xevsureti:
«La coscienza creativa di questo enigmatico poeta si puт definire mitologi ca. Egli si mette in ascolto di ogni fenomeno della natura e intuitivamente vi trova qualcosa di intimo e di famigliare, ma in un certo qual modo se paratosi e perduto. [...] La coscienza crea il proprio volto nella natura e in questo modo la personifica: il volto creato della coscienza nel riflesso della natura diventa il simbolo della loro unione (coscienza e natura)»11.
Su tutto e tutti doveva prevalere l'uomo superiore, l'oltreuomo, che riconobbe nella figura di Adolf Hitler (e in seconda istanza di Benito Mussolini), pendant oggi non meno imbarazzante delle lodi, tributate in quegli stessi anni a Stalin, dagli ex compagni del gruppo I corni azzurri. Lo scrittore era attratto dai personaggi ambigui, enigmatici, tor mentati di cui tentava di capire la vera essenza, strappando la maschera che li occultava e li difendeva. Già nel 1919 aveva dato alle stampe uno smilzo libretto dal titolo Portrety (Ritratti), in cui scopre un elemento che accomuna gli autori russi Pëtr Čaadaev, Michail Lermontov, Vasilij Rozanov e Andrej Belyj: il demonismo. In Čaadaev evidenzia una ma schera satanica dietro la quale si cela nell'intimo una vittima assogget tata all'idea della vita in Dio, tuttavia vissuta in modo pagano, erotico. Lermontov si presenta intriso di demonismo - Vladimir Solov'лv l'ave va a suo tempo arguito -, per di piщ occultato da una maschera, di cui si serve talvolta semplicemente per nascondersi nella persona dell'altro, talaltra per superare se stesso e divenire altro. Rozanov invece, eccitato da un panteismo erotico, si rivela un individuo dai molti volti satanici, dietro il cui ghigno non si riesce mai a cogliere quello autentico. Belyj sogna un nuovo cielo e una nuova terra provocando una vera e propria Apocalisse, palesandosi cosм un angelo-demonio sterminatore, un epi lettico da Apocalisse12.
Robakidze, essendo vissuto dapprima in Unione Sovietica e poi in Germania, ha potuto conoscere da vicino quelli che sarebbero divenuti gli idoli dei rispettivi paesi: Stalin e Hitler. Nel romanzo Die gemordete Seele, steso nel 1932 ed edito nel 1933, egli definм Stalin una forza de moniaca, una figura terrificante, un distruttore del divino e con acume pronosticт il clima di terrore che sarebbe stato instaurato in Unione Sovietica di lм a qualche anno. A Stefan Zweig scrisse di rendersi con to che pubblicando quel libro aveva perduto la possibilitа di rivedere la sua terra, la sua vecchia madre e i suoi amici, perт si era sentito in dovere di farlo per una responsabilitа di fronte all'Eterno, e aggiunse:
«In questo libro ogni frase и pregna di una forza morale»13. Diverso fu il suo atteggiamento nei confronti di Hitler. И vero che nel 1938, men tre lo scrittore stendeva il suo libro, Hitler era all'apogeo della gloria, tanto da essere nominato „persona dell'anno“ dalla rivista Times, non dimeno come potй il nostro autore non capire la minaccia che la sua ideologia e la sua pratica di governo comportavano per il popolo, per lo Stato tedesco e per l'Europa tutta? Con Stalin era stato lungimirante, mentre con Hitler si и dimostrato accondiscendente. Fino alla morte ha sempre cercato di liberarsi da questa nuvola nera che oscurava il suo nome e la sua opera. Nell'aprile del 1962 (lo scrittore sarebbe decedu to nel novembre di quello stesso anno) indirizzт una missiva al poeta Irak'li Abaљidze, presidente dell'Unione degli scrittori di Georgia, in cui nuovamente puntualizzava:
«Mi sono pervenute voci che in Georgia mi considerano un „hitleriano“. Si tratta di una menzogna, di un'assurditа! La veritа sta in questo fatto: dalla metа di giugno del 1941 e fino all'ultimo giorno di guerra sono stato sottoposto a sorveglianza da parte della Gestapo. Questo sarebbe accaduto se io fossi stato „hitleriano“?! Le voci che circolano da Voi sono menzogne, assurditа e nient'altro!»14.
La lettera, che esprime con chiarezza la preoccupazione dell'autore, non era rivolta solo ad Abaљidze e agli scrittori di Georgia, ma senza dubbio a tutti i georgiani. Purtroppo, con i libri su Hitler e Mussolini, Robakidze ha confuso mito, storia e politica: Si tacuisses...
Nel testo su Hitler egli ricorre a metafore, digressioni mitologiche e filosofiche per spiegare il carisma del Fьhrer15, eppure quando lo descrive direttamente si percepisce il carattere encomiastico del pane girico. Siamo edotti dall'autore che finanche di fronte alla persona del feldmaresciallo Paul von Hindenburg la figura del Fьhrer:
«s'innalza fino a una sconfinata lontananza e [...] allorchй egli appare in mezzo alla gioventщ, alle folle di ragazzi e ragazze, i loro volti entusiasti sono resi fulgidi dalla sua forza di irradiare luce. [...] Ogni suo discorso и vissuto in quanto qualcosa di unico. [...] Improvvisamente da lontano si sente una voce, carica di dolore, ma nel contempo decisa. Sembra strana nel silenzio che la circonda: non и questa la voce del soldato ignoto risorto, divenuto mito? Stupefacente и questa voce che risuona nel silenzio, peral tro nel profondo dell'animo ognuno sente come se queste parole provenis sero da lui stesso. Dietro le parole di Adolf Hitler io sento sempre il rim bombo di quella voce. Egli parla in maniera cosм avvincente che talvolta ci si chiede se sia la voce di un solo uomo. In effetti in lui si rivela l'essenza del popolo tedesco. Dobbiamo intendere questa essenza quale metafora?» 16.
Ugualmente sul tema della purezza della razza vi и una decisa difesa: «Adolf Hitler ha saputo dare nuova forza all'idea di razza per poten ziare l'autocoscienza e la crescita del popolo. In questo modo egli и divenuto colui che ha risvegliato le forze della madre terra»17.
Alla sconfitta del nazifascismo, seguм l'avvio della guerra fredda. Gli americani perdonarono Robakidze per quanto aveva scritto su Hit ler e Mussolini, cosм con grande soddisfazione egli potй comunicare al giornalista Hans Paeschke: «Il Comitato americano per la liberazione dal bolscevismo (American Committee for Liberation from Bolshevi sm) mi ha ufficialmente informato che non considerano nazista il mio libro su Hitler»18. Nel poderoso confronto con l'URSS, gli Stati Uniti avevano bisogno di sempre nuove forze, per cui furono clementi non solo nei confronti di Robakidze e di tutti gli emigrati sovietici eventual mente legati al nazismo, ma innanzitutto lo furono verso molte catego rie di cittadini tedeschi. Essi condannarono pubblicamente i capi del nazismo e nel contempo cercarono di assolvere e redimere chiunque altro per avvalersene in funzione antisovietica.
Riandiamo alla guerra. Poco dopo l'inizio della campagna alleata di bombardamenti su Berlino nel 1943, i coniugi Robakidze si trasfe rirono a Überlingen am Bodensee, al numero19 di Litscher Straße. In quel 1943 la nipote Alya frequentava l'ultimo anno della Cecilienschu le a Berlino e verso l'estate, affinché le studentesse godessero della necessaria tranquillità per prepararsi all'Abitur (maturità), le due ultime classi femminili della scuola furono sfollate a Polička19, una cittadina storica situata tra Boemia e Moravia, occupata dalla Germania in base all'accordo di Monaco del 1938. Superato l'Abitur, Alya, grazie a una borsa di studio ottenuta da Eugen Diederichs, l'editore delle opere di Robakidze, partм per Vienna, laddove s'iscrisse all'Universitа e iniziт a frequentare i corsi di Germanistica e di Teatro presso la Facoltа di Lettere.
Il 23 aprile 1945, di fronte alla Germania in rovina e al pericolo di essere arrestato dai sovietici, se non dagli alleati, Robakidze decise, con l'aiuto di un georgiano a noi sconosciuto, di attraversare illegalmente, insieme alla consorte, il confine con la Svizzera per chiedere asilo politico. Nel luglio del 1945 troviamo i coniugi sistemati in un campo per rifugiati presso Basilea, in agosto poi vennero trasferiti in un campo a Ginevra. Intanto Alya, nell'estate del 1944 se n'era andata da Vienna ed era passata da Ьberlingen a salutare i coniugi Robakidze. Forse consigliata da loro stessi, decise di chiedere asilo politico in Svizzera. Inviata in un campo per giovani rifugiati a Neuchвtel, le fu data la possibilitа di frequentare il primo anno della Scuola superiore di commercio. Nel 1945, selezionata dagli americani, ricevette una borsa di studio per frequentare la Scuola per interpreti a Ginevra.
Le autoritа della Confederazione riconobbero allo scrittore geor giano lo status di „rifugiato intellettuale“, cosicchй i coniugi poterono trasferirsi dal campo alla „Casa per rifugiati intellettuali“ a Ginevra Frontenex, laddove Robakidze trovт le condizioni per riprendere la sua attivitа di scrittore. Agli inizi del 1948 gli fu comunicato che la „Casa“ a breve sarebbe stata chiusa, allora egli presentт domanda per l'asse gnazione di un alloggio. In forza del posto di lavoro come dattilografa, trovato dalla consorte presso l'Ufficio europeo delle Nazioni Unite e il conseguente stipendio che riceveva regolarmente, gli fu assegnato un appartamento sito in Quai de l'Йcole de Mйdicine, 8, a Ginevra20.
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1. N. Sombart, Jugend in Berlin, 1933-1943. Ein Bericht, Fischer Verlag GmbH, Frankfurt am Main 1987, p. 147.
2. G. Robakidze, Gulnadebi [Il mio pensiero intimo], in Id., Pro domo sua, Art'anugˇi, Tbilisi 2012, p
3. Cfr. I. Khvedelidze, Standing on the Third Shore: Robakidze's Biography in Emigration, in I. Ratiani (ed.), Literature in Exile: Emigrants' Fiction 20th Century Experience, Cambridge Scholars Publishing, Cambridge 2016, p. 15.
4. G. Robakidze, Čemi cxovreba, cit., p. 227. Robakidze era allora rappresentante plenipo tenziario dell'Unione delle Città, un'organizzazione umanitaria russa sorta nel 1914 per aiutare i feriti della Grande guerra. Fu sciolta dai bolscevichi subito dopo la rivoluzione d'Ottobre.
5. G. Robakidze, Gulnadebi, cit., pp. 88-89.
6. Cfr. G. Robakidse, Vorwort, in Id., Dдmon und Mythos, cit., p. 8.
7. Cfr. M. Heidegger, Ormai solo un Dio ci puт salvare. Intervista con lo «Spiegel», Ugo Guanda Editore, Parma 1976, p. 134.
8. Del volume Die neuentstehende Welt [Il nuovo mondo in divenire] di questo pensatore tedesco, edito nel 1926, Robakidze inviт nel 1927 una lunga recensione da Berlino al giornale Zarja Vostoka [L'alba d'Oriente] di Tiflis, pubblicata nella rubrica Listki iz Evropy [Minute dall'Europa] del 5 aprile 1927, in cui asseriva che «il mondo un po' alla volta si stava tecnicizzando» e «il tipo rappresentativo della cultura contemporanea diventava lo chauffer».
9. S. Giametta, Introduzione a Nietzsche opera per opera, Garzanti, Milano 2017, p. 358.
10. Gr. Robakidze-Kavkasielli [Grigol Robakidze], Iz novejљej gruzinskoj poèzii. Poèt Važa Pšavela [Dalla poesia georgiana contemporanea. Il poeta Važa-Pšavela], in Russkaja mysl', VIII, 1911, p. 25.
11. Ibid.
12. Cfr. G. Robakidze, Portrety [Ritratti], Kavkazskij posrednik, Tiflis 1919, pp. 5-68.
13. G. Robakidze, Listki iz Evropy. „Ja vsegda budu pomnit' Zal'cburg...“, cit., p. 157.
14. I. Abaљidze, Kolokol iz tridcatych godov [Una campana dagli anni Trenta], Azbuka klassika, Sankt-Peterburg 2005, p. 80.
15. Cfr. M. K'vataia, Es sk`andaluri „Adolf Hitler“... [Questo scandaloso Adolf Hitler...], in Lit'erat'uruli dziebani, XXVII, 2006, pp. 195-207.
16. G. Robakidze, Adol'f Gitler v osveščenii poèta [Adolf Hitler nell'interpretazione di un poeta], [s.l.]: [Oberkommando des Heeresgruppe Nord], 1942, pp. 5-7. È piuttosto interes sante rilevare che nell'anno 1942, mentre il gruppo d'Armate Nord dell'esercito tedesco com batteva duramente in Unione Sovietica, l'Alto Comando decise di far tradurre in lingua russa, stampare e diffondere il libro di Robakidze. Evidentemente riconosceva al lavoro una notevole forza propagandistica. Precisiamo che abbiamo qui citato il titolo del frontespizio, mentre in copertina troviamo un titolo diverso: Adol'f Gitler v izobraženii poèta [Adolf Hitler nella rap presentazione di un poeta].
17. G. Robakidze, Adol'f Gitler v osveščenii poèta, cit., p. 27.
18. Cfr. N. Gagnidse-M. Schuchard, Grigol Robakidse 1880-1962, cit., p. 184. A seguito del perdono ottenuto, Robakidze potй intervenire al grande Convegno „L'Unione Sovietica nella realtа odierna”, tenutosi dal 5 al 7 luglio 1954 a Tutzing, non lontano da Monaco, al quale parteciparono non meno di 150 invitati.
19. A Polička, Alya si prese un bello spavento. Fu convocata e interrogata dalla Gestapo perché dalla Svizzera aveva ricevuto una cartolina postale. Fu subito accusata di spionaggio, ma lei, sconvolta, si difese sostenendo che il mittente era un suo giovane ammiratore, senza ulteriori implicazioni. Molte ore piщ tardi la lasciarono andare dicendole: «Se ne vada. Avremmo potuto anche arrestarla, ma и stata fortunata perchй oggi siamo di buon umore».
20. Cfr. M. Varsimaљvili-Rapaeli, Masalebi Grigol Robakidzis šesaxeb Ženevis saxelmcipo arkividan [Materiali su Grigol Robakidze dall'archivio statale di Ginevra], in Sgani, 15, 2014, pp. 157-172. In questo alloggio Robakidze morì in solitudine lunedì 19 novembre 1962, colpito da infarto. Preoccupati dal silenzio da cui era stato avvolto l'appartamento, mercoledм 21 novembre i vicini chiamarono la Polizia che, dopo aver forzato la porta d'entrata, trovт lo scrittore privo di vita.
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3 2. Da Megi, una ragazza georgiana a Le trecce di Medea |
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In noi il „mito“ non и una „teoria“,
bensм una [facoltа dataci dal] „grembo materno“,
non и un „desiderio”, ma un' „esperienza vissuta“.
(Grigol Robakidze, 1947) 1
Il volume, volto in lingua italiana dal germanista e traduttore Ervino Pocar (1892-1981), era dedicato a «Stefan Zweig, lo scrittore e l'uo mo». Nel colophon portava la nota seguente: «Questa traduzione и ba sata sulla versione tedesca, curata dall'Autore stesso e intitolata Megi, ein georgisches Mдdchen. L'originale georgiano non fu mai pubblicato». Leggendo questa nota, il lettore si sarа chiesto perchй mai l'editore abbia scelto un titolo completamente diverso da quello tedesco e, in se condo luogo, perchй la traduzione non sia stata condotta sull'originale georgiano, ma si sia preferita una lingua ponte.
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1. G. Robakidze, Gulnadebi, cit., p. 95.
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3.1 a) Il titolo dell'opera |
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Il titolo Le trecce di Medea (Die Flechten der Medea) fu inizialmen te dato dallo stesso autore, tuttavia alla casa editrice tedesca Rainer Wunderlich di Tubinga che pubblicт il libro, non piacque e lo mutт in Megi, ein georgisches Mдdchen. Verosimilmente Robakidze prediligeva il titolo originale perchй in una nota indirizzata agli scrittori georgiani nel 1947, si riferм al romanzo con entrambi i titoli: Le trecce di Medea (Medeas nac'navebi) e Megi1. D'altra parte, essendo in Germania agli esordi letterari, egli non poteva certo mettersi a discutere con la casa editrice sul titolo del libro. L'editore italiano non seguм l'omologo te desco, optando per il primo titolo, in quanto forniva una chiara sintesi dell'idea portante del libro. Riguardo invece al «testo originale geor giano mai pubblicato», vediamo che cosa dice in proposito lo stesso Robakidze nella giа citata lettera ad Hans Hasso von Veltheim:
«Il mio romanzo Megi l'ho scritto in Georgia negli anni 1929-1930. In quel tempo nutrivo giа l'intenzione segreta di svignarmela in Germania. Volevo avere in mano il testo in tedesco. Il mio amico Reinhold Tschackert, indicato traduttore del libro, non conosceva il georgiano. Al fine di evitare il doppio lavoro di creare il romanzo in georgiano e quindi tradurlo in russo per lui, ho scritto il testo originale di Megi direttamente in russo. Credo che questo fatto non abbia privato il romanzo di nulla, soprattutto perchй in esso non ho enfatizzato tanto il lavoro sulla lingua, quanto i volti, il fato, le immagini e ciт che и similmente concepibile in ogni lingua. Inoltre pensavo che in futuro avrei steso questo libro in georgiano (naturalmente non sarebbe stata una semplice traduzione, ma un testo autonomo), purtroppo fino ad oggi non ci sono riuscito, diverse circostanze mi hanno impedito di farlo. Ora veniamo direttamente alla questione. Nel 1934 и stata pubblicata la traduzione di Megi in italiano. Sul retro del frontespizio c'и la seguente nota dell'editore italiano (Sperling e Kupfer S.A., Milano): “L'originale ge orgiano non и mai stato pubblicato”. Nei confronti di quanto si afferma in quella nota, della cui genesi mi ritengo responsabile, mi sono comportato in maniera piuttosto sconsiderata. Mi dicevo: l'originale georgiano и radicato in me. Mi occorre soltanto trasferirlo sulla carta. Non potevo vedere qusta confusione su due piani diversi? Non ho notato che questa confusione contiene un errore morale? Da allora sono trascorsi ventun anni. In tutto questo tempo non ho mai sentito alcun particolare rimorso di coscienza. Per la prima volta in questo mese, all'improvviso, и sorto in me un acuto senso di rimorso che, nella mia condizione attuale, mi toglie ogni forza. Per ritrovare l'armonia, devo prima pentirmi davanti a Dio. Questo lo sto facendo veramente. Successivamente devo in qualche modo ammetterlo a livello letterario di fronte ai contemporanei»2.
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1. Ibid.
2. A. Bakradze, K'ardu, cit., pp. 6-7.
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3.2 b) Il traduttore Reinhold Tschackert |
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Soffermiamoci per qualche istante sulla figura del traduttore. Reinhold Tschackert era nato a Tiflis nel 1893 ed era discendente di una di quelle famiglie tedesche che nell'estate del 1817, alla ricerca di migliori condi zioni di vita, lasciarono il Baden-Wьrttemberg e fondarono qualche deci na di colonie lungo la costa del Mar Nero, in Georgia e in Azerbaigian1. Questi tedeschi, in contrasto con il dogmatismo e il razionalismo della teologia luterana, avevano abbracciato il pietismo, ossia la valorizzazione della vita interiore, trovando nello zar Alessandro I un sensibile difensore di tale idea e anzitutto un garante dei privilegi loro promessi, per i quali avevano abbandonato la patria: riscatto degli appezzamenti di terreno assegnati, riduzione delle imposte, esenzione dal servizio militare.
Nel 1917 Tschakert si laureт in Lettere presso l'Universitа di Mo sca. La sua lingua madre era il tedesco, la lingua di comunicazione il russo e non parlava georgiano, d'altra parte questa era quasi la norma per le minoranze etniche in Georgia durante lo zarismo e il socialismo. Era coniugato e aveva due figli: un maschio e una femmina. Rientrato da Mosca trovт un'occupazione in qualitа di insegnante al liceo tede sco di Tiflis. In contemporanea svolse la mansione di interprete presso la reale missione svedese, il cui compito era rimpatriare i molti soldati tedeschi e austro-ungarici prigionieri, condotti in Georgia per essere curati. Dopo la sovietizzazione del paese, continuт a svolgere il suo insegnamento presso il liceo tedesco, ma di lм a qualche anno lasciт l'incarico per diventare docente all'Universitа Statale.
Il 21 aprile 1935 fu arrestato con l'accusa di aver compiuto azioni an tisovietiche e spionaggio in favore della Germania. Quest'ultima attivitа sarebbe iniziata giа nel 1918 presso la missione svedese e continuata men tre svolgeva la sua mansione di traduttore al quartier generale del corpo di spedizione tedesco, sbarcato in Georgia per garantire l'indipendenza della nuova repubblica socialdemocratica, fondata il 26 maggio 1918.
Dai verbali raccolti nel suo fascicolo risulta essere stato interrogato a lungo in carcere, in particolare gli inquirenti insistettero sui rapporti intrattenuti con gli intellettuali georgiani. Ammise di aver avuto relazioni d'amicizia con il filosofo e critico letterario Љalva Nucubidze e lo scrittore K'onst'ant'ine Gamsaxurdia, dei quali peraltro non fu in grado di indicare nessuna attivitа antisovietica, comunque svelт, forse per dar prova della sua sinceritа, che entrambi erano critici nei confronti del sistema sovietico e per di piщ animati da un orientamento germanofilo.
Per quanto riguarda Grigol Robakidze, egli asserм di aver tradot to il romanzo intitolato Le trecce di Medea, titolo poi sostituito dalla casa editrice tedesca con Megi, una ragazza georgiana, in parallelo con l'autore mentre lo stava scrivendo. Aggiunse di aver svolto il lavoro per amicizia, considerato che fu retribuito con la somma simbolica di 100 rubli. Gli fu inoltre chiesto perchй Robakidze non intendesse pub blicare il suo romanzo in Unione Sovietica e l'imputato replicт che lo scrittore era consapevole di aver creato un'opera impregnata di misti cismo, di leggende, di miti, insomma priva degli elementi tipici del ma terialismo storico, sicchй era preoccupato per la sorte del suo lavoro:
«In Europa mi capiranno - egli era solito ripetere, - qui invece non solo non mi capiranno, anzi cominceranno a insultarmi». Sentito dagli inquirenti sulla decisione di Robakidze di restare a vivere in Germania, rispose di non aver mai colto nelle conversazioni avute con lo scrittore tale intenzione e soggiunse di sapere che gli era stato rilasciato il passa porto per l'estero, grazie all'intervento di Abel Enukidze.
Nel gennaio del 1936 Tschakert fu condotto, assieme ad altri sette imputati di origine tedesca accusati del medesimo reato di spionaggio, davanti ai giudici militari, i quali valutarono a porte chiuse le varie po sizioni. Egli fu riconosciuto colpevole e condannato a morte. Inutili si sono rivelate le sue manifestazioni di pentimento e le istanze di clemen za. La sentenza fu eseguita il 14 febbraio 1936 e il corpo fu sepolto nei pressi del luogo dell'esecuzione. La sua famiglia fu sfrattata dall'appar tamento occupato, nonchй spogliata di ogni bene, persino del piano forte su cui i bimbi studiavano musica.
Il fascicolo conserva anche un'istanza della moglie del condanna to, Erika Tschakert, inviata l'8 marzo 1962 alla Procura del tribunale militare di Tbilisi dalla città di Džambul (oggi Taraz) in Kazakhistan, nella quale scriveva di essere stata arrestata nel 1938 e condannata a dieci anni di «campo di lavoro correttivo, ma mio marito ed io siamo stati condannati ingiustamente - prosegue la lettera - di conseguenza chiedo che sia avviata la revisione dei nostri processi e la nostra riabili tazione». La risposta del procuratore militare in data 29 gennaio 1963 fu agghiacciante: «Non ci sono elementi per avviare la revisione dei processi e per la Vostra riabilitazione»2.
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1. M. Xuciљvili, Germanuli k'oloniebis c'armomadgeneli sazogado moγvac'eebi samxret K'avk'asiaši: XX saukunis 1920-1930-iani c'c'. (Sakartveloši arsebuli saarkivio masalebis mixe dvit) [Personalità pubbliche rappresentanti delle colonie tedesche nel Caucaso meridionale: anni 1920-1930 (Dai materiali d'archivio esistenti in Georgia)], I. Ǧavaxišvilis saxelobis Tbilisis sa xelmc'ipo Universit'et'i, Samagistro p'rograma Sakartvelos ist'oria [Tesi di laurea magistrale in storia della Georgia], Tbilisi 2013, pp. 17-27, conservata presso la biblioteca dell'Università Ǧavaxišvili di Tbilisi.
2. Cfr. M. K'vat'aia, „Čemi megobari Rainhold Čak'ert'i…“ [Il mio amico Reinhold Tschackert], in Lit'erat'uruli dziebani, XXXVI, 2015, pp. 274-287. Anna Larina, consorte di Nikolaj Bucharin, ricorda che questa era la risposta standard che ricevevano milioni di carcerati o ex carcerati innocenti allorchй chiedevano la revisione del processo. Cfr. A. Larina, Ho amato Bucharin, Editori Riuniti, Roma 1989, p. 131.
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3.3 c) Goethe e l'Urphдnomen |
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Ritornando al romanzo, non ci sono piщ dubbi: secondo la testi monianza dell'autore e del traduttore il manoscritto georgiano non и mai esistito e il titolo originale del romanzo era Le trecce di Medea. Nondimeno in una lettera del 2 aprile 1937, inviata al kartvelologo bo emo Jaromír Jedlička, riferendosi al suo romanzo Megi, Robakidze af fermava: «Prima l'ho steso in georgiano e poi l'ho tradotto in russo»1. Con ogni probabilità è un errore volontario: lo scrittore non desiderava spiegare l'intera vicenda. Aggiungiamo che nella summenzionata nota del 1947 agli scrittori georgiani, egli, tornando sulla questione, si limitт semplicemente a constatare: «Purtroppo non ho la stesura in georgiano di questo romanzo»2.
Nel saggio Čemi cxovreba (La mia vita), che incontriamo nella tra duzione italiana del romanzo in funzione di preambolo, però in una versione breve perché Robakidze riprese questo testo e lo ampliò nel corso di tutta la sua esistenza, siamo rimasti colpiti dal brano seguente:
«L'insegnamento di Goethe sul protofenomeno divenne per me il fonda mento da cui muovere per conoscere le cose. Vedere la realtа nel suo dive nire, nel fluire del tutto e non giа nei singoli momenti, non и forse questo il compito supremo del poeta e del pensatore? Timidamente ho osato av vicinarmi a Nietzsche. L'idea dell'oltreuomo, esposta nella sua opera Cosм parlт Zarathustra, non mi sembrava molto convincente, mi aveva piuttosto catturato il fenomeno dionisiaco (La nascita della tragedia) e, piщ ancora, l'idea dell'eterno ritorno... Quest'idea era spiegata allo stesso modo, in cui ne parlavano i commentatori di Pitagora, il che per me era assolutamente inaccettabile, perchй se io ritorno in eterno a me stesso, come posso diven tare un oltreuomo? Mi ponevo continuamente questa domanda senza riu scire a trovare una risposta. [...] A Hamadan, l'antica Ecbatana dei medi, in una notte di luna mi addormentai su un leone di pietra3, allorchй ebbi un'intuizione improvvisa: tutto ciт che accade viene da noi percepito come se fosse giа accaduto una volta. Cosм ora comprendevo in maniera diversa il senso dell'eterno ritorno che mi aveva sempre tormentato: non l'eterno ritorno del singolo verso se stesso, ma il ritorno dell'eterno verso se stes so nel singolo. Successivamente tale concetto trovт incarnazione nel mio romanzo La pelle di serpente. In questo romanzo ho cercato di esprimere plasticamente la percezione e la visione del mondo in Oriente. Piщ avanti ho scritto il romanzo Megi. Qui ho tentato di dare una forma drammatica alle forze primigenie della vita»4.
Sappiamo che per Goethe l'Urphдnomen, il protofenomeno и la forma originaria dalla quale provengono tutte le forme esistenti, in natura il protofenomeno и la nota Urpflanze, la protopianta da cui derivano tutte le forme delle piante. Pertanto richiamandosi all'insegnamento di Goethe, Robakidze si propone, attraverso un'instancabile ricerca, di pervenire alla radice, al fondamento, all'origine di ogni manifestazione del pensiero in qualsiasi campo si palesi (filosofia, religioni, miti, tradizioni, ecc.) nelle culture dell'Oriente e dell'Occidente. E proprio per raggiungere questo fine, egli, conquistato dalla compattezza e dall'efficacia del prefisso della lingua tedesca ur- con il valore di antico, originale, coniт un simile prefisso pure nella lingua georgiana: taur- (dal sostantivo tav-i, testa), cui riconosce lo stesso significato del tedesco ur-. Di un altro sentimento ci informa lo scrittore, ovvero della sua passione per Nietzsche e per le sue dottrine piщ celebri: prima di tutto per l'oltreuomo o l'uomo quintessen ziale, quindi per l'epifania di un dio, di Dioniso, infine per l'eterno ritor no di tutte le cose, il mito a proposito del quale una notte ad Ecbatana egli ricevette un'illuminazione, dopodichй fu in grado di fornire la sua personale interpretazione piщ sopra riportata: «tutto ciт che accade viene da noi percepito come se fosse giа accaduto una volta». A tal riguardo Mircea Eliade ricorda che per l'uomo primitivo, arcaico:
«Ciт che egli fa, и giа stato fatto; la sua vita и la ripetizione ininterrotta di gesti inaugurati da altri. Questa ripetizione cosciente di gesti paradigmatici determinati tradisce un'ontologia originale. Il prodotto della natura, l'og getto fatto dall'industria dell'uomo trovano la loro realtа, la loro identitа solamente nella misura della loro partecipazione a una realtа trascendente. Il gesto acquista senso, realtа, solamente nella misura esclusiva in cui ri prende un'azione primordiale»5.
Ci soccorre un'altra citazione dall'opera di Robakidze: «Chi non и in gra do di percepire il simbolo e il mito, non puт capire la mia opera. Inten do dire uno studioso e non un lettore. Spesso il lettore, mediante la sua esperienza diretta, puт capire meglio un'opera rispetto a uno studioso che pur dispone di strumenti critici»6. Nell'opinione dell'autore per tanto, la poetica è formata da una relazione che s'instaura tra interno ed esterno, «tra storia e mito, fisico e metafisico, empirico e trascendente»7, conducendo alla fine a un tutto unitario, dominato da un linguaggio tro pologico. Sarа la concretezza e l'efficacia del protofenomeno goethiano da un lato e l'insegnamento dell'opera nietzschiana dall'altro lato a spin gere Robakidze a ricercare il materiale per la creazione della sua opera nei miti, nei simboli, nelle leggende, nelle tradizioni della sua terra natia e dello sterminato Oriente. Il materiale raccolto, spesso tramandato oral mente di generazione in generazione, riprende nell'opera dello scrittore nuova vita, diventando attuale, presente, a noi contemporaneo e proprio questo accade nel romanzo Le trecce di Medea.
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1. Cfr. A. Bakradze, K'ardu, cit., p. 234.
2. G. Robakidze, Gulnadebi, cit., p. 96.
3. Di un leone di pietra rossa, scudo della cittа di Ecbatana, l'autore aveva narrato nel suo romanzo La pelle di serpente
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4. G. Robakidze, Čemi cxovreba, cit., pp. 226-228.
5. M. Eliade, Il mito dell'eterno ritorno, Lindau, Torino 2018, p. 17.
6. G. Robakidze, Sataveni čemi šemokmedebisa [Le fonti della mia opera], in Id., Čemtvis simartle q'velaperia…[Per me la verità è tutto], ŠP'S. “Ǧek'-servisi”, Tbilisi 1996, p. 81.
7. K. Bregadze, Kartuli modernizmi (Gr. Robakidze, K. Gamsaxurdia, G. T'abidze) [Il mo dernismo georgiano: Gr. Robakidze, K. Gamsaxurdia, G. T'abidze], Meridiani, Tbilisi 2013, p. 187.
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3.4 d) La magica Colchide e il mito di Medea |
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L'intreccio si svolge in Mingrelia (Samegrelo), una regione della Georgia nota come l'antico regno di Colchide, attraversata dal fiume Phasis dei greci, Rioni per i georgiani. И la mitica terra laddove sbarcт Giasone con i suoi argonauti alla ricerca del vello d'oro, poi conquistato con l'aiuto di Medea, figlia del re della Colchide Eeta. Per riconoscenza Giasone la portт con sй in Grecia e la sposт. Allorchй a Corinto la lasciт per un'altra donna, Medea compм un'azione orrenda: uccise i loro due figli. Agli occhi di Giasone, Medea era straniera, quindi diversa, barbara, inferiore per nascita, educazione, mentalitа e solo in quanto segnata da questa alteritа aveva potuto compiere il figlicidio perchй «una donna greca - so stiene l'argonauta - non avrebbe mai osato tanto»1. In Georgia al con trario Medea ha goduto nei secoli (e continua a godere a tutt'oggi) di una considerazione positiva, cui ha contribuito il fatto che fino al 431 p.e.v., anno in cui la omonima tragedia euripidea fu messa in scena, nessuno le aveva mosso l'accusa di essere una figlicida e che sia stato appunto Euri pide a rappresentarla arbitrariamente in tale veste2.
Robakidze, nella missiva del 30 dicembre 1929 a Stefan Zweig, di ceva di essersi riproposto di scrivere una trilogia. Megi doveva essere il primo volume e rappresentare l'individuo com'era anteriormente alla Grande guerra e alla Rivoluzione d'ottobre. Il secondo volume doveva riguardare i radicali mutamenti subiti dal singolo a causa della guerra e il terzo le modificazioni della persona a seguito della rivoluzione3.
И l'autore a suggerirci che il romanzo affonda le radici nel mito, anzi aggiunge: «[...] la definizione di realismo mitico ben si adatterebbe a tutta la mia opera»4. Qualche anno prima aveva chiaramente negato di poter seguire altri metodi letterari, in particolare si diceva incapace di scrivere «nello spirito del realismo empirico perchй in ogni realtа io vedo un'altra realtа5. Egli precisa: «Il mio romanzo Megi и una sorta di tentativo di far rivivere la mitica donna k'olxa Medea in una ragazza reale»6, o meglio, per dirla con lo studioso Rudolf Karmann: «[Nel romanzo] Medea diventa carne e sangue sotto forma di una ragazza matura, Madonna e amazzone allo stesso tempo»7. In altre parole, Robakidze percepisce quest'opera, peraltro la stessa cosa accadrа con altri romanzi, come un testo ontologico in cui si dispiega tutta la potenza originale del mito, potenza resa mediante un linguaggio ricercato, volutamente arcaico, ben reso dal traduttore italia no. In aggiunta, seguendo le esigenze di ogni rituale mitico, lo svolgimento del romanzo si colloca in uno spazio nel quale i protagonisti si sentono in sintonia con il cosmo e con i ritmi cosmici.
La Mingrelia и una terra mutante, sospesa tra realtа e sogno:
«Ogni oggetto ha piщ nomi perchй qui non vi и alcuna cosa unitaria. Gli uomini non hanno un nome solo, ne hanno parecchi come se in una per sona non si fosse concretato un individuo, ma tutto un gruppo. Nemmeno il paese ha un suo nome fisso: „Colchide“ lo chiamarono gli antichi, oggi lo chiamano ora Mingrelia ora Odiљi. Tutto vi и sogno e tormento. Non vi si trova alcun elemento che non sia soggetto fin dall'origine a mutamenti continui. Pensieri, appena nati, diventano fantasmi. Maghi dovunque, do vunque streghe. Saccenti e ciarlatani, evocatori di spiriti e indovini, folletti silvani e lupi mannari ad ogni passo, al modo di una tregenda di esseri informi. И un paese sacro alla luna, non al sole. Qui non vi sono adoratori del sole, bensм devoti alla luna che servono la loro divinitа con angoscia e terrore. [...] La luna и la materializzazione cosmica delle cose apparenti, fantastiche, и il segno celeste della visione di se stessi. Da lei provengo no tutti gli influssi maligni come correnti astrali. Con la vicenda delle sue fasi regola e determina la vita interiore della donna. И per la Mingrelia il pianeta locale. Lм ha un aspetto diverso che altrove: quasi impregnata di fiele viscoso ha un colore simile all'orina stantia, и anzi una pozza di urina di bufalo. Umiditа, vapori, emanazioni palustri. Febbre dappertutto. La malaria nel sangue dei polli e l'itterizia con un giallore febbrile e lunare. Le cose sono un riflesso dello specchio lunare, gli uomini elementi della luce lunare. Specialmente i maschi; non и necessario infatti che la donna somigli alla luna: fin dalla lontana origine essa ha in sй qualitа lunari. Le figlie della Mingrelia sono le piщ femminili, le piщ donne di tutta la Georgia, e non della Georgia soltanto. Sono maghe e fascinatrici, sirene e fate silvestri»8.
La descrizione della Mingrelia si mescola e si confonde con il paese dell'antica Colchide e soltanto non dimenticando che la Mingrelia di oggi и la Colchide di un tempo, noi possiamo cogliere la drammati citа dell'intreccio, il quale ci conduce dalle leggende locali fino alla mitologia delle Amazzoni e alla tragedia greca di Medea9. «Nello stormire della foresta aleggia tutto uno sciame di storie millenarie» (65) e la maga Menik'i racconta la storia del greco Giasone e di Me dea «dai capelli di sole innamoratasi dello straniero e molte altre cose ancora» (68). A un certo punto la foresta ammutolisce e ugualmente Menik'i ammutolisce e guarda con uno strano sorriso verso Megi: «non и rinata in lei la colchica Medea?» (68) Ora comprendiamo: nel la Mingrelia della metа dell'Ottocento, mentre era in corso la guerra di Crimea, la fanciulla Megi rivive da questo momento con l'abcaso Ast'amur, l'amato “straniero”, il mito di Medea. La giovane Megi, la madre Dzidzino, la nutrice e maga Menik'i e tutti gli altri personaggi vivono e agiscono immersi nella natura, dalla quale ricevono forza, slancio vitale, alimento spirituale. La scrittura dell'autore и tutta volta a sottolineare questo stretto rapporto, in modo tale da aiutare i suoi personaggi a riappropriarsi delle conoscenze antiche e rintracciare cosм la strada verso il mito. Assistiamo a un uso del lessico del tutto particolare: il sole non splende, ma arde (49); gli occhi sprigionano fiamme (38); lo sguardo и rovente (39); in certe cose si fissa una po tenza sovrumana (39); i polmoni bevono avidamente l'aria balsamica (44); le pieghe del volto sono animate da un fuoco interiore (46); gli occhi mandano bagliori di smeraldo (54); dal personaggio di Utu, i cui occhi sono fulvi, viene una strana corrente di energia (55); Utu pronuncia scongiuri, penetranti forse nella coscienza dell'animale (57); il cavallo non galoppa, piuttosto vola (a imitazione di quanto accade nelle fiabe georgiane) (60); il personaggio di Nau percepisce nelle pietre, negli animali e nell'uomo l'emanazione dell'energia vitale dell'essere originario (73); durante la cavalcata il ritmo dell'uomo si fonde col ritmo della bestia: due esseri confusi in uno (qui si affaccia il destriero della celebre poesia Merani di Nik'oloz Barataљvili) (73); lei emana una corrente di forze che paralizza l'energia degli uomini (79); la fanciulla legge la lettera non solo cogli occhi, bensм la divora con tutti i sensi, con le narici, con le tempie (112); un'onda possente di sorpresa e di gioia avvolge Ast'amur (116); egli sente l'assalto di forze misteriose che divelgono l'uomo dal suo io (162); gli occhi del cavallo mandano fiamme selvagge (185); il suo cervello и in fiamme (223).
Incontriamo tropi inconsueti: la vita di un corpo и pregna delle energie originarie della terra, pari alla vita lenta e quieta dei ricchi filoni di metallo (43); lo stesso Nau sente l'avvicinarsi del dio dai piedi caprini e sente altresм il cavallo come un totem, come un simbolo e una simili tudine del divino (76); quale imperversar di fiamme sprigionatosi dalla pietra fredda, la fanciulla sorge dai suoi cupi pensieri [...] e dai suoi oc chi guizzano vampe di follia (109); sopracciglia come nubi di tempesta, occhi come folgori (123).
Ci imbattiamo in aforismi: in un occhio serpigno brilla la sapien za del tentatore (41); la coscienza e il ricordo somigliano al tenebroso grembo materno (51); il silenzio и l'istante in cui ogni cosa diventa mu sica (93); il demone della vanitа и piщ forte dell'uomo, specie quando и in ballo una donna (181); la speranza trova sempre qualcosa a cui ag grapparsi (243); la gelosia non и cieca, ma vede, e anzi in certi momenti diventa chiaroveggente (246).
Nel romanzo rivive dunque la vicenda di Medea, chiaramente svol ta nel destino di Megi e per raccontarcela l'autore si rifа alla struttura della tragedia greca che и contrassegnata dal prologo, dal parodo del coro, dagli episodi, dagli stasimi sempre del coro e dall'esodo o con clusione. Mancando nel romanzo il coro, possiamo osservare che la narrazione prende avvio con un prologo, si sviluppa in brevi o bre vissimi capitoli (in qualche modo rievocano gli episodi della tragedia) e si chiude con un epilogo, ossia l'esodo. Si potrebbe di conseguenza concludere che l'autore rinnova il mito di Medea cercando di imitare la struttura narrativa dell'origine.
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1. Euripide, Medea, Marsilio, Venezia 2002, vv. 1339-1340.
2. Cfr. E. Adriani, Medea. Fortuna e metamorfosi di un archetipo, Esedra, Padova 2006, p. 40.
3. Cfr. G. Robakidze, Listki iz Evropy. „Ja vsegda budu pomnit' Zal'cburg…“, cit., p. 153.
4. G. Robakidze, Gulnadebi, cit., pp. 95-96.
5. G. Robakidze, Listki iz Evropy. „Ja vsegda budu pomnit' Zal'cburg...“, cit., p. 154.
6. G. Robakidze, Evgeni Gegeč'k'ori [Evgeni Gegeč'k'ori], in Id., Čemtvis simartle q'velaperia…, cit., p. 233.
7. R. Karmann, Robakidse und die Wiedergeburt des Mythos, in Bedi Kartlisa, 43-44, 1963, p. 90.
8. 5 G. Robakidze, Le trecce di Medea, trad. it. di E. Pocar, Sperling e Kupfer S.A., Milano 1934, pp. 51-52. D'ora in avanti citeremo le pagine del romanzo direttamente nel testo tra parentesi tonde.
9. M. Brion, Le roman de Grigol Robakidse: Megui, in Bedi Kartlisa, 30-31, 1958, p. 104. L'articolo и la prefazione preparata dal succitato scrittore Marcel Brion per la traduzione francese delle Trecce di Medea, mai peraltro data alle stampe.
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3.5 e) La critica coeva |
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Nello stesso anno 1934 in cui il romanzo fu pubblicato, troviamo nel numero 7 della rivista L'Italia che legge una recensione di Ettore Lo Gatto, considerato, con Giovanni Maver, il fondatore della slavistica italiana. Trattandosi di un testo assai breve e su una rivista di difficile reperimento, lo riportiamo integralmente:
«La nota editoriale che accompagna il libro chiama l'opera del Robaki dze romanzo. Non sappiamo se questa designazione si trovi nell'origi nale georgiano o nella versione tedesca, curata dallo stesso autore, e sulla quale и stata fatta la traduzione italiana; a noi pare che se l'autore avesse intitolata la narrazione „poema in prosa“ avrebbe assai bene compendiata in poche parole l'essenza piщ profonda della sua creazione.
Poema, s'intende, nel senso romantico della parola e piщ particolarmente nel senso in cui i romantici russi, specialmente Puљkin, intesero riprendere i poemi byroniani. Storia profondamente romantica, non esclusa neppure la cornice del racconto, che l'autore finge aver appreso dalle labbra di uno dei protagonisti. Il vantaggio del “poema” del Robakidze sui poemi roman tici in senso cronologico и quello di essere scritto in prosa e di poggiare su di una esperienza psicologica, che i vecchi romantici non avevano ancora avuta. Ma quanta e quanta poesia attraverso la scorrevole prosa, e per di piщ quanta epicitа nella semplicitа del racconto! И vero che ad aumentare il senso epico della narrazione contribuiscono i frequenti richiami al lon tanissimo passato (la Colchide, le Amazzoni...), ma и certo che epicamente l'autore ha sentite le vicende dei suoi eroi ed epicamente (in senso classico, nonostante il romanticismo del tono) le fa rivivere ai suoi lettori. L'influenza russa и secondo noi evidente, un'influenza russa, nutrita di Byron e di Odissea nello stesso tempo. Confessiamo di essere rimasti pia cevolmente storditi e vorremmo che molti lettori si abbeverassero ad una fonte cosм pura di creazione, cosм fresca di spontaneitа e cosм profonda di sensibilitа nello stesso tempo».
Qualificando il romanzo “poema in prosa”, Lo Gatto ribalta la celebre asserzione roman v stichach (romanzo in versi) con cui Aleksandr Puљkin aveva definito il suo poema Evgenij Onegin. Usando tale asserzione all'in contrario, egli si propone di mettere in evidenza la costante poesia perce pita nella prosa di Robakidze. Da slavista vi trova influenze letterarie russe e byroniane, opinione peraltro poco condivisibile, invece piщ appropriato troviamo il suo rimando all'Odissea, ovvero al mondo culturale greco. Nel 1935 una recensione apparve nel numero di ottobre della rivista Leonardo. Rassegna mensile della coltura italiana a firma del critico tea trale Emilio Barbetti. All'opposto di Lo Gatto, egli ritiene che il progetto dell'autore di «far rivivere nel dramma di Megi il mito di Medea, oltre alle energie pugnaci delle antiche Amazzoni nella madre Dzidzino»1 da un lato e «offrire un vasto affresco di vita georgiana alla metа dell'Ottocento» dall'altro lato, «sia malamente riuscito, se non del tutto fallito». Unica qua litа che il recensore riconosce all'autore и quella di bozzettista, allorquando si abbandona a «facili e fresche descrizioni paesistiche».
Nel 1952, ossia trascorsi otto anni dalla traduzione del romanzo in italiano, la rivista Bedi Kartlisa pubblicт nel suo numero 13 una recen sione di Љalva Beridze, uno studioso georgiano emigrato in Italia, giа docente all'Orientale di Napoli. Fondata a Parigi nel 1948 dall'emigra zione georgiana, la rivista uscм fino al 1957, anno in cui divenne multi lingue, esclusivamente in lingua georgiana e quindi pure la recensione in questione и in georgiano. L'apporto critico di Beridze и alquanto contenuto, dal momento che si limita a riportare l'intreccio del roman zo ed evidenziare nel finale quattro aforismi incontrati nel testo.
Malgrado molti pregi, Le trecce di Medea non и certo il migliore roman zo di Robakidze. Se l'editore in suo luogo avesse fatto tradurre La pelle di serpente, pubblicato in Georgia nel 1926 e in Germania nel 1928, avrebbe fornito al lettore italiano una prova piщ autentica delle sue doti di scrittore.
I grandi avvenimenti storici, che nel Novecento hanno sconvolto nazio ni e popoli, hanno segnato profondamente anche la vita e l'opera di Grigol Robakidze. Fuggito dalla tirannide comunista, la sua opera trovт sostegno e ispirazione nel clima spiritualista, occultista e mitologico predominante in Germania. La sconfitta militare del Terzo Reich rimise in fuga Robakidze. Questa volta trovт rifugio nella sbiadita Svizzera, lui che amava le tinte forti. Continuт a scrivere, ma non trovт piщ un editore: il suo nome era marchia to dall'infatuazione hitleriana. L'impossibilitа di pubblicare e la scomparsa della moglie lo gettarono in una profonda depressione. Nel 1961 fece la co noscenza della contessa Ghita Strachwitz, pittrice, di 48 anni piщ giovane di lui, verso la quale provт una forte attrazione intellettuale, sfociata in un grande amore che gli ridiede il desiderio di vivere2. Desiderio stroncato dal fatale infarto sopraggiunto il 19 novembre 1962. Triste, amaro fu il destino di questo straordinario, multiforme e complesso autore3.
Luigi Magarotto
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1. E. Barbetti, Recensione a: G. Robakidze, Le trecce di Medea, cit., p. 437. Tutte le cita zioni che seguono sono tratte da questa fonte.
2. Si veda il suo carteggio conservato presso il Museo letterario statale “Giorgi Leonidze” di Tbilisi, pubblicato in https://burusi.wordpress.com/2009/05/30 (ultimo accesso 08.05.2021) e parzialmente in T. Kirschke, Grigol Robakidse und sein literarisches Schaffen, Tectum Verlag, Marburg 2014, pp. 309-333.
3. Nel licenziare il presente lavoro mi sia concesso di ringraziare le molte persone che sono state con me prodighe di informazioni e di consigli: K'onst'ant'ine Bregadze, Hans-Christian Gьnther, Ciuri K'oč'lašvili, Manana K'vat'aia, Donatella Possamai, Stefania Ruggeri, Michela Sandini, Gaga Shurgaia, Nana Xvedeliani e Mak'a Xucišvili. Un ringraziamento particolare va a Elena (Alya) Pogorelova Callea e alla figlia Diana Callea.